Gli approcci alle soglie fiscali “de minimis” costituiscono un argomento di crescente interesse all’interno dell’e-commerce internazionale. Quando un oggetto acquistato on-line viaggia attraverso una barriera doganale, il suo valore viene confrontato con il livello “de minimis” (espressione latina che significa minimo) stabilito dal governo del Paese di destinazione; di solito sotto forma di un importo monetario. Non vengono applicati dazi o tasse se il valore di un articolo è inferiore a tale livello. Tuttavia, se il valore di un articolo è superiore a questo livello, determina costi aggiuntivi. La rapida crescita dell’e-commerce ha messo in luce la natura obsoleta di molti regimi di “de minimis” in tutto il mondo e diversi mercati principali stanno adottando metodi nuovi per adeguare le loro strategie di tassazione.
La maggior parte dei livelli di “de minimis” erano storicamente impostati per i metodi commerciali tradizionali e diversi progetti esistenti ora influiscono involontariamente sulle attività di e-commerce. Tuttavia, modificare i valori di “de minimis” può essere una decisione difficile e controversa per i governi nazionali che cercano di bilanciare i vantaggi per i produttori locali (ed i relativi posti di lavoro) rispetto alle esigenze commerciali dei cittadini. Le modifiche ai livelli di “de minimis” incideranno inevitabilmente su uno di questi settori. È il ruolo di un governo stabilire se i benefici di tali cambiamenti superino le potenziali ripercussioni politiche o finanziarie interne. Per i rivenditori on-line, i costi aggiuntivi dovuti a dazi e tasse possono comportare livelli più elevati di rinuncia all’acquisto. Questi costi possono, a loro volta, ridurre l’attrattiva di un sito per i clienti di determinati Paesi o costringere questi clienti a utilizzare le opzioni del mercato grigio o degli intermediari “daigou” per evitare maggiori oneri.
Nel 2017, GEODIS ha commissionato uno studio per rivedere i vari approcci ai livelli di “de minimis” a livello internazionale – in particolare per quanto riguarda i beni on-line di valore inferiore – e come i governi stiano adeguando le loro leggi fiscali. Nel corso di questo studio abbiamo esaminato e confrontato diciassette tra i principali mercati dell’e-commerce nei cinque continenti. Per riassumere, abbiamo scoperto che gli approcci internazionali ai livelli di de minimis possono essere suddivisi a livello macro in tre grandi gruppi: protezionista, competitivo e stazionario.
Protezionista
L’e-commerce ha il potenziale di rappresentare una minaccia per i mercati domestici tradizionali, in particolare quando alcuni prodotti sono difficili da ottenere o sono sottoposti localmente a una tassazione elevata. Prezzi internazionali più convenienti, diverse opzioni di consegna e una maggiore varietà di merci possono determinare una spesa significativa a favore dei rivenditori stranieri, con una conseguente pressione sui governi affinché difendano le attività e i posti di lavoro nazionali.
Uno dei pochi strumenti efficaci disponibili per i governi è quello di rendere meno attraenti gli acquisti on-line internazionali attraverso una maggiore tassazione o abbassando i livelli di de minimis. È il caso del Canada, dove la soglia del de minimis è stata fissata negli anni ‘80 a soli 20 dollari canadesi, principalmente per difendere l’industria locale. Sebbene il regime de minimis del Canada sia popolare tra i produttori residenti, recentemente si è rivelato come un ostacolo importante all’interno del blocco commerciale NAFTA ed è profondamente impopolare presso gli acquirenti on-line canadesi. Un recente sondaggio ha suggerito che il 76% dei canadesi vorrebbe vedere il limite innalzato ad almeno 200 CAD, che sarebbe comunque ben al di sotto del livello di 800 USD applicato nei vicini Stati Uniti.
Il potenziale di maggiori entrate derivanti dalla tassazione più pesante dei beni esteri acquistati on-line può essere un argomento rilevante per un approccio protezionistico alla fissazione dei livelli de minimis. Nel secondo trimestre 2017, l’Australia prevedeva di ridurre il proprio valore “de minimis” da 1000 AUD a 0 AUD come metodo per generare imposte dall’e-commerce internazionale. Tuttavia, l’attuazione è stata rinviata fino al luglio 2018 dal Senato australiano a causa delle difficoltà nel determinare in che modo la tassazione supplementare dovesse essere riscossa. È ancora un punto di discussione aperto. In teoria, un limite pari a zero potrebbe sembrare attraente per i governi. Tuttavia, un punto contro questa argomentazione è che il costo di trattare articoli di basso valore può superare le entrate ottenute, facendo in tal modo venir meno qualsiasi beneficio all’erario del governo.
Tra tutti gli approcci protezionistici, quello della Cina è complesso ma forse anche il più adattabile all’e-commerce internazionale. Introdotto nel 2016, la legge ha ridotto il livello di “de minimis” a 50 CNY (7 USD), utilizzando un sistema di tasse all’importazione stratificato che applica un limite di “de minimis” annuo e per transazione per singolo utente. Ciò garantisce che gli acquirenti on-line occasionali non siano tassati come quelli che fanno acquisti on-line frequenti, costosi o di grandi volumi.
Competitivo
I governi che adottano un approccio competitivo ai livelli di “de minimis” cercano di aprire le corsie nazionali e internazionali ai consumatori mantenendo i livelli di soglia. Per alcuni, come Hong Kong, sono in vigore livelli “de minimis” elevati o inesistenti da molti decenni e sono incorporati nella psiche commerciale nazionale. Di fatto, fanno parte di un più ampio approccio economico per attirare il commercio internazionale. Altri, come l’Indonesia o gli Stati Uniti, hanno recentemente aumentato i propri livelli di “de minimis”, sperando che un maggiore commercio internazionale stimoli anche i mercati interni.
Fisso
I regimi fiscali fissi di “de minimis” sono di gran lunga i più frequenti e possono essere suddivisi in due gruppi principali:
Rapporto e-commerce/tassazione maturo
Paesi come il Giappone, con un rapporto e-commerce/tassazione maturo, spesso riconoscono l’impatto che il commercio on-line internazionale ha sulla loro popolazione. Sebbene molti Paesi di questa categoria mantengano bassi livelli di “de minimis”, hanno agevolato le importazioni internazionali attraverso procedure doganali semplificate o dazi ridotti al di sopra del livello “de minimis”. Altri, come la Corea del Sud e gli Emirati Arabi Uniti, assistono l’e-commerce internazionale attraverso l’espansione degli accordi commerciali esistenti con i principali mercati di origine dell’e-commerce o con i vicini regionali/commerciali.
Rapporto e-commerce/tassazione non maturo
Un rapporto non maturo e-commerce/tassazione deriva dalla crescita senza precedenti del Retail on-line e dall’incapacità dei governi di adeguare di conseguenza i propri sistemi di tassazione dell’importazione. L’Unione Europea ammette apertamente che la soglia esistente di “de minimis” di 22 EUR è obsoleta, in quanto stabilita prima dell’emergere degli acquisti on-line come principale forza economica. I Paesi che devono ancora adeguare i propri regimi fiscali alle moderne tendenze dell’e-commerce internazionale possono anche semplicemente osservare come funzionano le politiche protezionistiche o di mercato aperto attuate di recente, prima di implementare una struttura fiscale adeguata.
Nei prossimi anni, il problema dei limiti di “de minimis” per l’e-commerce internazionale diventerà un punto di discussione più diffuso per i governi nazionali, i fornitori di servizi logistici e i rivenditori on-line. I cambiamenti nei livelli esistenti di “de minimis”, sia nei mercati emergenti che in quelli di e-commerce in maturazione, possono essere previsti e dovrebbero essere esaminati a intervalli regolari nel quadro di una politica di base dei fornitori di servizi logistici.